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Gerfalco è un piccolo borgo nel territorio del comune di Montieri (GR), situato ai piedi delle Cornate che con i suoi 1058 m di altezza è il punto piu elevato delle colline metallifere. Questo centro abitato nasce nel medioevo proprio per sfruttare i minerali, e in particolar modo l'argento, che si trovava nei filoni delle Cornate e di poggio Mutti. Il nome Gerfalco (dal tedesco medioevale ger - Falke - portatore di falco) fa ritenere che popolazioni germaniche ne avessero preso a sfruttare le argentiere e gli avesse dato il nome.
Le prime notizie di Gerfalco vengono fatte risalire all'896 quando Alberto marchese di Toscana assegnò al vescovo Alboino di Volterra alcuni possedimenti che dovevano formare il suo vescovato; tra questi vi erano anche i territori di Montieri, Travale e Gerfalco. Montieri fu tenuto in suo diretto governo e invece Gerfalco fu affidato ai suoi parenti conti Pannocchieschi.
Le miniere d’argento situate nei dintorni del paese erano molto ambite dai centri maggiori, tra cui Volterra, Siena e Massa Marittima e nei secoli sono state molte le dispute verificatesi per comquistare Gerfalco. Nel secolo XII è in dominio del vescovo di Volterra, dei Pannocchieschi e dei Vicedomini di Massa. Documenti dell'Archivio di Volterra, compilati tra il 1156 e il 1162 testimoniano contese tra Galgano vescovo di Volterra e i suoi parenti Pannocchieschi di Gerfalco. Verso la fine del secolo sono i Pannocchieschi a possedere il borgo. Nel 1263 vennero a patti con Siena e Gerfalco passò sotto il suo dominio insieme ad altri castelli della potente famiglia, stretti in lega contro i le città guelfe, tra le quali Massa. In quest'epoca Gerfalco era un castello di alcune centinaia di abitanti, la cui importanza era dovuta tanto alla sua ottima posizione strategica, quanto alle numerose miniere d'argento attive.
Il trecento vede Volterra e i suoi vescovi, Siena e Massa continuare a contendersi i diritti su Gerfalco. L'instabilità porta i Gerfalchini a ribellarsi a Volterra per sottrarsi al suo potere e sottomettersi a Massa, su istigazione di un altro ramo della famiglia Pannocchieschi.
I Massetani occuparono il castello con le loro truppe e vi si rafforzarono.. Per riavere i suoi possedimenti Siena preparò un esercito e lo mosse verso Gerfalco, agli ordini di Paolo di Guido Baglioni, ma non riuscì a espugnare il castello per cui spostò l'esercito a dare assedio alla stessa Massa. La minaccia di guerra sotto le mura di casa fece desistere i Massetani che, il 30 giugno 1318, ordinarono lo sgombro di Gerfalco. Poco dopo a causa di altre guerre Siena lasciò sguarnito il castello. Alcuni fuorusciti di Siena, condotti da Gaddo di Guglielmo Pannocchieschi, con un colpo di mano presero Gerfalco privo di difensori e vi s'insediarono per 5 anni.
Ma infine Gerfalco si ritrovò sotto la protezione di Siena; trascorsero anni di relativa calma grazie alle difese del castello che la Repubblica aveva rafforzato e protetto con mura di pietra concia e muratura spesse fino a due metri, fortini, baluardi, due torri e cisterne con acqua abbondante per renderlo difendibile in ogni evenienza.
Nel 1453, in piena guerra fra Firenze e Siena, presidiava Gerfalco Alessio Romano, che cercò di consegnare il castello ai Fiorentini. Ma il commissario della Repubblica di Siena Niccolò di Marino si accorse del tradimento e riuscì a sventare la congiura facendo prigioniero il Romano e dieci soldati fiorentini che furon tutti tagliati a pezzi. Con l'esaurirsi dei filoni argentiferi e la chisura delle miniere Gerfalco perse d'importanza. Nel 1525 li Gerfalchini ricorsero alla Balìa della repubblica che acconsentì a diminuire loro le tasse: e nuove diminuzioni concesse nel 1535; finché nel 1539 liberò completamente Gerfalco da ogni balzello. La sconfitta di siena da parte di Firenze porto Gerfalco sotto il dominio mediceo anche se il castello tentò una estrema resistenza cercando di rimanere fedele a Siena. Cosimo dei Medici ordinò la distruzione del Castello e mandò il conte Gattaia ad occuparlo per demolirlo. I Gerfalchini vennero a patti con i potenti nemici e si arresero, ma solo dopo aver ottenuto che il loro castello non soffrisse demolizioni. Alla fine del secolo XVI il comune di Gerfalco doveva essere in condizioni ancora abbastanza floride, poiché aveva, colla sua corte, una popolazione di 870 abitanti, ma verso il 1700 è decaduto e ridotto ad un povero borgo di poche case. Gerfalco si autogovernò fino al 1778 con propri statuti fino alla riforma del Granduca Pietro Leopoldo che abolì per tutti i comuni i precedenti Statuti e riunì Gerfalco al comune di Chiusdino. Successivamente, nel 1833, Gerfalco venne aggregato al comune di Montieri. Recentemente, verso il 1872, l'Ingegnere Emilio Righetti iniziò lavori di esplorazione per tentare di rintracciare qualche filone argentifero. Dopo qualche anno le esplorazioni furono continuate dall'ing. Teodoro Haupte ma i sondagi efettuati alle "Piagge" e al "Lanchio" non diedero esiti per cui i lavori furono abbandonati.
Oggi il borgo si presenta come un compatto pugno di case sotto le Cornate. Delle mura e delle fortificazioni restano poche tracce, i resti delle due torri e di alcuni fortilizi. Delle tre porte che c’erano una è scomparsa; si trovava ad occidente, vicino al palazzo di giustizia o del podestà, ormai diroccato, noto come “capannone del Vecchioni”. Rimane la porta fiorentina completamente rinnovata e la porta senese che si conserva nella sua originalità affiancata da un torrazzo di pietra concia. alla sommità dell'abitato si trova la chiesa di S. Biagio di impianto romanico, ma pesantemente rimaneggiata, con un porticato aggiuunto nel secolo
Le prime notizie di Gerfalco vengono fatte risalire all'896 quando Alberto marchese di Toscana assegnò al vescovo Alboino di Volterra alcuni possedimenti che dovevano formare il suo vescovato; tra questi vi erano anche i territori di Montieri, Travale e Gerfalco. Montieri fu tenuto in suo diretto governo e invece Gerfalco fu affidato ai suoi parenti conti Pannocchieschi.
Le miniere d’argento situate nei dintorni del paese erano molto ambite dai centri maggiori, tra cui Volterra, Siena e Massa Marittima e nei secoli sono state molte le dispute verificatesi per comquistare Gerfalco. Nel secolo XII è in dominio del vescovo di Volterra, dei Pannocchieschi e dei Vicedomini di Massa. Documenti dell'Archivio di Volterra, compilati tra il 1156 e il 1162 testimoniano contese tra Galgano vescovo di Volterra e i suoi parenti Pannocchieschi di Gerfalco. Verso la fine del secolo sono i Pannocchieschi a possedere il borgo. Nel 1263 vennero a patti con Siena e Gerfalco passò sotto il suo dominio insieme ad altri castelli della potente famiglia, stretti in lega contro i le città guelfe, tra le quali Massa. In quest'epoca Gerfalco era un castello di alcune centinaia di abitanti, la cui importanza era dovuta tanto alla sua ottima posizione strategica, quanto alle numerose miniere d'argento attive.
Il trecento vede Volterra e i suoi vescovi, Siena e Massa continuare a contendersi i diritti su Gerfalco. L'instabilità porta i Gerfalchini a ribellarsi a Volterra per sottrarsi al suo potere e sottomettersi a Massa, su istigazione di un altro ramo della famiglia Pannocchieschi.
I Massetani occuparono il castello con le loro truppe e vi si rafforzarono.. Per riavere i suoi possedimenti Siena preparò un esercito e lo mosse verso Gerfalco, agli ordini di Paolo di Guido Baglioni, ma non riuscì a espugnare il castello per cui spostò l'esercito a dare assedio alla stessa Massa. La minaccia di guerra sotto le mura di casa fece desistere i Massetani che, il 30 giugno 1318, ordinarono lo sgombro di Gerfalco. Poco dopo a causa di altre guerre Siena lasciò sguarnito il castello. Alcuni fuorusciti di Siena, condotti da Gaddo di Guglielmo Pannocchieschi, con un colpo di mano presero Gerfalco privo di difensori e vi s'insediarono per 5 anni.
Ma infine Gerfalco si ritrovò sotto la protezione di Siena; trascorsero anni di relativa calma grazie alle difese del castello che la Repubblica aveva rafforzato e protetto con mura di pietra concia e muratura spesse fino a due metri, fortini, baluardi, due torri e cisterne con acqua abbondante per renderlo difendibile in ogni evenienza.
Nel 1453, in piena guerra fra Firenze e Siena, presidiava Gerfalco Alessio Romano, che cercò di consegnare il castello ai Fiorentini. Ma il commissario della Repubblica di Siena Niccolò di Marino si accorse del tradimento e riuscì a sventare la congiura facendo prigioniero il Romano e dieci soldati fiorentini che furon tutti tagliati a pezzi. Con l'esaurirsi dei filoni argentiferi e la chisura delle miniere Gerfalco perse d'importanza. Nel 1525 li Gerfalchini ricorsero alla Balìa della repubblica che acconsentì a diminuire loro le tasse: e nuove diminuzioni concesse nel 1535; finché nel 1539 liberò completamente Gerfalco da ogni balzello. La sconfitta di siena da parte di Firenze porto Gerfalco sotto il dominio mediceo anche se il castello tentò una estrema resistenza cercando di rimanere fedele a Siena. Cosimo dei Medici ordinò la distruzione del Castello e mandò il conte Gattaia ad occuparlo per demolirlo. I Gerfalchini vennero a patti con i potenti nemici e si arresero, ma solo dopo aver ottenuto che il loro castello non soffrisse demolizioni. Alla fine del secolo XVI il comune di Gerfalco doveva essere in condizioni ancora abbastanza floride, poiché aveva, colla sua corte, una popolazione di 870 abitanti, ma verso il 1700 è decaduto e ridotto ad un povero borgo di poche case. Gerfalco si autogovernò fino al 1778 con propri statuti fino alla riforma del Granduca Pietro Leopoldo che abolì per tutti i comuni i precedenti Statuti e riunì Gerfalco al comune di Chiusdino. Successivamente, nel 1833, Gerfalco venne aggregato al comune di Montieri. Recentemente, verso il 1872, l'Ingegnere Emilio Righetti iniziò lavori di esplorazione per tentare di rintracciare qualche filone argentifero. Dopo qualche anno le esplorazioni furono continuate dall'ing. Teodoro Haupte ma i sondagi efettuati alle "Piagge" e al "Lanchio" non diedero esiti per cui i lavori furono abbandonati.
Oggi il borgo si presenta come un compatto pugno di case sotto le Cornate. Delle mura e delle fortificazioni restano poche tracce, i resti delle due torri e di alcuni fortilizi. Delle tre porte che c’erano una è scomparsa; si trovava ad occidente, vicino al palazzo di giustizia o del podestà, ormai diroccato, noto come “capannone del Vecchioni”. Rimane la porta fiorentina completamente rinnovata e la porta senese che si conserva nella sua originalità affiancata da un torrazzo di pietra concia. alla sommità dell'abitato si trova la chiesa di S. Biagio di impianto romanico, ma pesantemente rimaneggiata, con un porticato aggiuunto nel secolo